29Apr2015

Anatocismo, le banche potrebbero risarcire 2 miliardi di euro

Il lupo perde il pelo (a volte) ma non il vizio


Il lupo perde il pelo (a volte) ma non il vizio. E le banche non hanno di certo smesso di praticare quel meccanismo tanto odioso quanto illegale che è l’anatocismo, ossia il calcolo degli interessi sugli interessi applicati agli affidamenti e agli scoperti di conto corrente.

Un brutto vizio duro a morire, nonostante sentenze, leggi e giurisprudenza di ogni tipo ne vietino la pratica.
E così eccoci all’ennesimo verdetto, quello emesso dal Tribunale di Milano che ha condannato Ing Bank, Banca Popolare di Milano e Deutsche Bank a cessare ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi e ogni pratica di anatocismo in tutti i contratti di conto corrente con i consumatori. Con due provvedimenti cautelari depositati lo scorso 14 aprile, il foro meneghino ha accolto le domande inibitorie avanzate dal Movimento Consumatori per “stoppare” l’anatocismo nei conti correnti bancari. I risultati, anticipano gli esperti, potrebbero essere dirompenti: è intorno ai 2 miliardi di euro la cifra che le banche italiane si potrebbero trovare presto a dover restituire ai risparmiatori per avere, dal primo gennaio 2014 ad oggi, applicato l’anatocismo.

Il Movimento Consumatori nel frattempo ha depositato un’altra decina di inibitorie – nel mirino anche i big italiani del credito – e si prepara a promuovere azioni collettive di risarcimento qualora né il sistema bancario né la vigilanza del settore intervengano per sanare questa situazione. E i big del settore coinvolti sono davvero tanti, visto che a guadagnare con la pratica anatocistica sono un po’ tutte le banche italiane. Perfino Banca Etica, alla faccia della sua presunta “differenza”.

Eppure la legge era ben chiara: la legge Finanziaria 2014, entrata in vigore il primo gennaio 2014, ha riformato l’articolo 120 del Tub, il Testo unico bancario, che da allora prevede che gli interessi scaduti non possono più produrre nuovi interessi che devono essere conteggiati solo sul capitale. Chi continua ad applicare il tasso di interesse oltre che al capitale anche agli interessi già maturati, dunque, continua a praticare l’anatocismo, la pratica inibita dal Tribunale di Milano.

Davvero poca cosa, di fronte a questo testo, il tentativo di difesa degli istituti di credito che sostengono che perché il nuovo articolo 120 del Tub abbia forza di legge, è necessaria una delibera del Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Inutile dire che, nonostante siano passati 16 mesi dall’entrata in vigore della Finanziaria 2014, questa delibera non è mai arrivata. Una scusa che non ha retto di fronte al Tribunale di Milano che, accogliendo il ricorso del Movimento Consumatori, ha sentenziato che è sufficiente la stessa previsione di legge per vietare nel nostro paese l’anatocismo. Che sia davvero la volta buona?

Riccardo Quintili

Direttore de Il Test