Falsi invalidi, un fenomeno che indigna. Ma è necessario distinguere
Arturo Di Folco, esperto Konsumer per la sanità, invita ad una valutazione obiettiva
La necessità di dati certi e di un monitoraggio accurato
Di Alessandra Schofield
Arturo Di Folco, medico legale responsabile di Konsumer Italia per il settore sanitario ed ex componente della Commissione Invalidità per l’Asl RmE, è intervenuto il 21 luglio a “Siamo noi - L’altra estate” (Tv 2000) sul tema dei falsi invalidi. Collegato via Skype dalla redazione del Sole 24Ore Davide Colombo. Notizie di cronaca sul tema sono all’ordine del giorno: l’ultimo episodio, in ordine di tempo, riguarda l’emissione di ventisette provvedimenti cautelari – tra carcere e arresti domiciliari – nei confronti di altrettanti soggetti a Napoli, per i quali si ipotizza il reato di truffa ai danni dell’Inps.
L’idea che qualcuno possa fingersi invalido e vivere serenamente sulle spalle di una intera comunità, anche di chi invalido lo è davvero, è una cosa che scatena l’indignazione dell’opinione pubblica. Ma Di Folco invita alla cautela ed al raziocinio. Dal 2010 in poi – ha spiegato – l’Inps ha svolto un’ampia serie di valutazioni e rivalutazioni delle invalidità certificate, individuando in effetti una percentuale abbastanza ridotta di “presunti invalidi”. Tra questi, la maggior parte ha poi fatto un ricorso che il 60% ha vinto “Questo naturalmente non significa che il fenomeno non esista. Ma certo occorre uno studio preciso e puntuale prima di arrischiarsi in affermazioni che di primo impatto creano una notizia bomba, ma devono poi essere attentamente verificate caso per caso”.
Innanzitutto è bene precisare che le persone cieche e sorde, per esempio, non rientrano nella categoria degli invalidi civili comuni, ma vengono classificati secondo specifiche tabelle che ne determinano il grado di non autosufficienza. I cosiddetti “ventesimisti”, ovvero i ciechi parziali che hanno un residuo visivo ad entrambi gli occhi pari ad un ventesimo anche con eventuale correzione, non devono essere visitati dalla Commissione Invalidi Civili ma dalla preposta Commissione Ciechi.
Il soggetto che ha un problema di campo visivo può eventualmente conservare la capacità di vedere, sia pure molto limitata “Non dobbiamo quindi meravigliarci quando dicono che il soggetto è stato riconosciuto come cieco”, spiega Di Folco. Altrettanto vale per coloro che riescono a vedere, come si dice in gergo medico, motu mano – ovvero percepiscono il passaggio della mano davanti agli occhi o la differenza tra luce ed ombra – e vengono riconosciuti come ciechi, sia pure non ciechi totali. Si tratta di persone che non possono fare tante cose e la cui autonomia è molto limitata, ma è fondamentale discernere il falso cieco dall’ipovedente o da colui che ha un ventesimo di vista residua ed è quindi classificato come cieco.
Fatte queste dovute precisazioni, la falsa invalidità esiste ed è indispensabile capire dove si annida la corruzione. La prima certificazione di invalidità viene solitamente redatta dal proprio medico di base, in quanto si dà per scontato che questo conosca il paziente da qualche anno “Ma quando si cambia il medico di base o comunque si va da un medico diverso dal solito esibendo documentazioni che il dottore non è in grado di valutare correttamente in poco tempo, il sanitario può essere indotto a certificare il falso. Magari anche in perfetta buona fede” osserva l’esperto Konsumer. Non è detto, insomma, che esista un’oggettiva responsabilità del medico o il coinvolgimento in un atto corruttivo.
Sulle situazioni di falsa invalidità accertata, purtroppo, non ci sono ancora stime attendibili ufficiali – ha dichiarato Colombo – di fonte Inps, Asl o Ministero della Salute; pertanto non è possibile identificare con sicurezza né l’impatto economico del fenomeno legato alle truffe sulle casse dello Stato né, di conseguenza, il risparmio che deriverebbe dalla totale eliminazione delle situazioni di irregolarità.
Secondo una stima della Guardia di Finanza, il danno derivante da fenomeni fraudolenti per l’Inps ammontava nel 2014 a circa 23 mln di euro; tuttavia la cifra riguardava sia i falsi poveri che i falsi invalidi. Precedentemente, nel 2012 la Corte dei Conti calcolava che grazie alla revoca di trentanovemila invalidità lo Stato aveva risparmiato 170 milioni di euro. Analogamente, non sono monitorati l’erogazione delle indennità di accompagnamento o i permessi di assistenza per i parenti di persone con malattie o disabilità gravi; di certo c’è che per queste due voci l’onere a carico del pubblico è di circa 3 mld di euro.
Le prestazioni attualmente in essere a supporto della non autosufficienza per circa 3,9 milioni di invalidi (ma anche qui i dati sono discordanti) ammontano ad una spesa di circa 34,5 mld di euro, in sostanziale allineamento con gli altri Paesi Ue, più circa 12 milioni di euro per le pensioni di invalidità.
Neanche per quanto riguarda i circa 16.000 ciechi totali e/o parziali, che percepiscono indennità di invalidità di tipo previdenziale e non assistenziale, possiamo contare su dati certi legati alle truffe.
Nel 2009 venne affidato all’Inps l’incarico di svolgere un monitoraggio straordinario al quale seguì una norma che migliorava la sinergia tra l’Istituto pensionistico e le commissioni mediche Asl preposte al riconoscimento delle invalidità. Purtroppo – ha sottolineato Colombo – quel sistema di coordinamento non è stato perfezionato e messo a regime negli anni successivi, e l’attuale presidente Inps ha chiesto al legislatore di normare in maniera definitiva la centralizzazione presso l’Istituto delle verifiche, per un migliore screening.
Tra l’inizio del 2010 ed il giugno 2013, 1.439 sono stati gli indagati per falsa invalidità e 301 quelle arrestate per truffa, complessivamente lo 0,06% del totale di coloro che percepiscono una qualche forma di sostegno economico per invalidità civile.
A pagare lo scotto del fenomeno, ovviamente, i veri invalidi ai quali vengono sottratte risorse economiche da chi non ne ha diritto “Ma chi soffre davvero di una disabilità, di un’invalidità non ha assolutamente nulla da temere. Bisogna però precisare una cosa: a differenza di quanto generalmente si pensa, il grado di invalidità attribuito non necessariamente è permanente. Vi sono problematiche che con il tempo possono migliorare in maniera sensibile; in tal caso la persona non può continuare a pretendere quelle stesse prestazioni cui aveva diritto allorché si trovava in una situazione di gravità” ha concluso Di Folco.